sabato 19 agosto 2023

Come d'aria di Ada D'Adamo

Ada D'Adamo (Ortona1º settembre 1967 – Roma1º aprile 2023)

Nata a Ortona nel 1967, si trasferisce a Roma dove si diploma al corso di avviamento dell'Accademia nazionale di danza e consegue due lauree: una in lettere, all'Università "La Sapienza" e una in discipline dello spettacolo.

Appassionata di danza e musica classica fin dall'infanzia, lungo la sua carriera D'Adamo ha lavorato principalmente nel mondo del teatro e della danza contemporanea. Ha scritto diversi saggi (spesso incentrati sul ruolo del corpo nell'arte e nella danza) e si è occupata della produzione e promozione di spettacoli teatrali in collaborazione con l'Ente teatrale italiano, il Romaeuropa Festival e altre associazioni. E’stata molto attiva anche nell'ambito della letteratura per l'infanzia.

Nel 2005 nasce sua figlia Daria; solo dopo la nascita, alla bambina è stata diagnosticata un'oloprosencefalia, malattia caratterizzata da una grave malformazione cerebrale e che l'ha resa completamente invalida. Spinta dalle difficoltà incontrate, insieme al compagno, nel crescere e aiutare la figlia, nel febbraio del 2008 D'Adamo ha scritto una lettera di sfogo a Corrado Augias, in cui denunciava l'insufficiente tutela nei confronti delle famiglie con figli disabili in Italia e auspicava l'introduzione di leggi che garantissero il diritto all'aborto, ammettendo che lei stessa avrebbe interrotto la propria gravidanza se le fosse stato possibile.

Tra il 2013 e il 2014, la scrittrice ha iniziato la stesura del suo primo romanzo autobiografico, Come d'aria, ispirato proprio dal suo rapporto con la figlia e dalla scoperta di aver sviluppato un tumore e dalle conseguenti cure a cui si è dovuta sottoporre. Il libro è stato pubblicato a gennaio 2023 e nello stesso anno è stato insignito del Premio Mondello nella sezione "Autore italiano", ha ricevuto una menzione speciale al Premio Campiello e vinto il Premio Strega Giovani. Il premio è stato ritirato dal marito, Alfredo Favi, perché l’autrice è deceduta a causa delle complicanze dovute alla sua lunga malattia prima della finale.

 

Trama

Daria è la figlia, il cui destino è segnato sin dalla nascita da una mancata diagnosi. Ada è la madre, che sulla soglia dei cinquant’anni scopre di essersi ammalata. Questa scoperta diventa occasione per lei di rivolgersi direttamente alla figlia e raccontarle la loro storia. Tutto passa attraverso i corpi di Ada e Daria: fatiche quotidiane, rabbia, segreti, ma anche gioie inaspettate e momenti di infinita tenerezza. Le parole attraversano il tempo, in un costante intreccio tra passato e presente. Un racconto di straordinaria forza e verità, in cui ogni istante vissuto è offerto al lettore come dono.

Liberamente tratto dal web


lunedì 15 maggio 2023

Staccando l'ombra da terra di Daniele Del Giudice

Daniele Del Giudice (Roma, 11 luglio 1949 – Venezia, 2 settembre 2021)

Dopo un periodo come critico e giornalista per Paese Sera, Del Giudice ha esordito nel 1983 con il romanzo Lo stadio di Wimbledon. Scoperto da Italo Calvino e edito, come i successivi, da Einaudi, è incentrato sulla figura di Bobi Bazlen ( critico letterario e traduttore italiano).

Il suo secondo libro, che lo ha imposto all'attenzione della critica e dei lettori internazionali, è stato Atlante occidentale (1985), che racconta il rapporto tra il fisico Pietro Brahe e lo scrittore Ira Epstein, mettendo in dialogo, tra i primi, scienza e letteratura.

Nel 1988 Del Giudice ha pubblicato Nel museo di Reims, sul singolare rapporto, fondato sulle reciproche menzogne, tra il giovane Barnaba, sull'orlo della cecità, e una misteriosa presenza femminile.

Nel 1994 esce Staccando l'ombra da terra, libro unitario che intreccia sei racconti dedicati al volo, alla responsabilità, alla perdita e alla testimonianza. Salutato dalla critica come il libro della maturità letteraria di Del Giudice, vinse numerosi premi nazionali tra i quali il prestigioso Bagutta. Dal racconto Unreported inbound Palermo, contenuto in Staccando l'ombra da terra, sono stati poi tratti l'omonimo spettacolo teatrale di Marco Paolini e il dramma musicale di Alessandro Melchiorre.

Il 1997 è l'anno di edizione della raccolta Mania, che include sei racconti visionari sul nostro tempo, dedicati alle manie (L'orecchio assoluto), ai paradossi (Com'è adesso), alla necessaria transitorietà (Come cometa) o all’affermarsi della realtà virtuale (Evil live!Dillon Bay), anticipando i temi della narrativa europea successiva.

Nel 2001, riprendendo la tematica di Unreported inbound Palermo, scrive insieme a Marco Paolini I-TIGI, Canto per Ustica, testo di uno spettacolo teatrale sulla tragedia del DC9 Itavia precipitato nel 1980.

Il suo ultimo romanzo, Orizzonte mobile, collega i primi viaggi di esplorazione dell'Antartide alla sua personale esperienza di viaggiatore in Antartide e Terra del Fuoco.

Del Giudice ha ottenuto numerosi riconoscimenti e i suoi lavori sono stati pubblicati in 12 lingue.

All'indomani della diagnosi di Alzheimer, nel 2014, la Presidenza dei Ministri gli ha attribuito un assegno straordinario vitalizio, riconoscendo il suo alto ruolo nel rappresentare la cultura italiana nel mondo non solo attraverso l'opera letteraria e saggistica, ma anche come promotore e organizzazione di eventi culturali di respiro internazionale.

Il 27 luglio 2021 gli è stato assegnato il Premio Campiello alla carriera, che avrebbe dovuto ritirare il 4 settembre dello stesso anno. Muore il 2 settembre 2021.

Trama

Sulle orme di Antoine de Saint-Exupéry, la passione per il volo - e la libertà che offre a chi vola - spinge il narratore a seguire le orme del suo predecessore scomparso tra la Corsica e il continente il 31 luglio 1944, probabilmente abbattuto da un caccia tedesco. I racconti, aventi vari protagonisti, spaziano dalle esperienze personali di addestramento, alla costruzione storica delle imprese eroiche degli aerosiluranti durante la seconda guerra mondiale, da episodi recenti fino ai voli della letteratura, il segreto di chi sa staccare l'ombra da terra viene inseguito attraverso la figura di un "maestro di volo" che compare ad intermittenza lungo tutto il libro.

 

Liberamente tratto dal web 

sabato 4 marzo 2023

Sulla riva del mare di Abdulrazak Gurnah

 

Abdulrazak Gurnah è nato nel 1948 sull'isola di Zanzibar, al largo della costa dell'Africa orientale e all'epoca facente parte del sultanato di Zanzibar. Ha terminato la scuola secondaria nel 1966, due anni dopo la rivoluzione, un periodo fortemente connotato da disordini e violenze. Per proseguire gli studi e fuggire ai conflitti in corso, all'età di diciotto anni si è trasferito con il fratello in Gran Bretagna, presso un cugino. Dal 1980 al 1982 Gurnah ha insegnato alla Bayero University in Nigeria. Nel 1982 ha conseguito il dottorato di ricerca presso l'Università del Kent, dove dal 1985, fino al suo recente pensionamento, ha insegnato letteratura inglese e postcoloniale.

Il suo primo romanzo, Memory of Departure, completato intorno al 1973, è stato inizialmente rifiutato dalla Heinemann African Writers Series (AWS) ed è stato pubblicato solo nel 1987 dall'editore londinese Jonathan Cape, cui Gurnah aveva inviato il suo manoscritto, senza servirsi di alcun agente intermediario. A questo romanzo seguiranno Pilgrims Way (1988), Dottie (1990) e Paradiso (1994), finalista al premio Booker Prize. Le opere successive includono Admiring Silence (1996)Sulla riva del mare (2001), Desertion (2005), The Last Gift (2011), Gravel Heart (2017) e Afterlives (2020). Ha curato due volumi di saggi sulla letteratura africana, Essays on African writingA Re-evaluation (1993) e Essays on African Writing: Contemporary Literature (1995). Ha pubblicato articoli su numerosi scrittori contemporanei, e ha lavorato come redattore nella rivista Wasafiri dal 1987.

Il 7 ottobre 2021 ha vinto il premio Nobel per la letteratura con la seguente motivazione: "per la sua intransigente e compassionevole penetrazione degli effetti del colonialismo e del destino del rifugiato nel divario tra culture e continenti". 

Trama

Il romanzo comincia dalla storia di Saleh Omar, un uomo di più di sessant’anni che si presenta all’aeroporto di Londra con un visto non valido per chiedere asilo. Gli hanno consigliato di fingere di non sapere una parola d’inglese, così sarà tutto più facile, e inizialmente Omar è solo una spugna pronta ad assorbire tutto ciò che lo circonda, cercando di rimanere invisibile. L’assistente sociale che ha preso in carico il suo caso, non riuscendo a comunicare con lui, deve chiedere la consulenza di un esperto di kiswahili. Il caso vuole che l’uomo interpellato sia il professor Latif Mahmud, il figlio dell’acerrimo rivale di Omar. Da anni lontano da casa, Latif ricorda bene Omar ed è combattuto: dal profondo del suo cuore sale un risentimento difficile da gestire, eppure la rabbia si scarica in una spontanea e strana cortesia. Sembra quasi naturale dialogare, scambiarsi opinioni, e comprendere. Il confronto tra i due uomini si trasforma in un vero e proprio viaggio nel passato dove si ripercorrono eventi cruciali che intrecciano la storia degli uomini a quella del loro Paese. Il lettore viene catapultato a Zanzibar, descritta in maniera così diversa rispetto a Londra, al punto che sembra sia la penna di un altro scrittore a tratteggiare la vita in questo affascinante luogo sulla riva del mare. E invece è solo la maestria di chi ha vissuto fra due realtà diverse, e col tempo ha imparato a comprenderle e amarle, accogliendone debolezze e contraddizioni. Impariamo come funzionavano i grandi viaggi dei commercianti, pronti a spostarsi da un luogo all’altro in un dato periodo dell’anno. Apprendiamo come si svolgevano le questioni tra mercanti, nelle quali si potevano elargire prestiti pur non sapendo se sarebbero tornati indietro. Ma attraverso le parole e le esperienze dei due protagonisti respiriamo non solo i profumi e i colori dell’Africa, ma anche le lacerazioni di un Paese estremamente problematico. A Latif, una sorta di alter ego di Gurnah, viene affidato il compito di ricostruire la situazione a Zanzibar alla vigilia dell’indipendenza, e di mostrare quali sono le fasi dell’esilio: in definitiva, quali sono i piccoli pezzi di noi che ci vengono sottratti quando decidiamo, per scelta o per necessità, di lasciare la nostra terra.

 

Liberamente tratto dal web

domenica 1 gennaio 2023

Evgenij Onegin di Aleksandr Puškin

Aleksandr Sergeevič Puškin (Mosca, 6 giugno 1799 – San Pietroburgo, 10 febbraio 1937) è considerato il fondatore della lingua letteraria russa contemporanea e le sue opere, tra le migliori manifestazioni del romanticismo russo, hanno ispirato numerosi scrittori, compositori e artisti. Il padre, Sergej L'vovič Puškin era un maggiore in congedo, appartenente ad un'antichissima famiglia aristocratica russa, era un uomo dedito alla mondanità e molto avaro. La madre, Nadežda Osipovna era la figlia di un gentiluomo, a sua volta figlio di un generale russo di origine africana, anche lei amante della mondanità, descritta come «dispotica e capricciosa».

Non venne educato dai genitori, bensì dalla nonna materna, dallo zio materno Vasilij, che apparteneva a un circolo letterario d'avanguardia chiamato Arzamas, e dalla balia Arina Rodionovna. La sua educazione, come quella dei fratelli, fu tuttavia alquanto disordinata, prima dell'ingresso al Liceo imperiale di Carskoe Selo, dove Puškin entrò in contatto con famosi poeti e cominciò a scrivere versi.

Dopo aver completato i suoi studi nel 1817, Puškin diventò funzionario del Ministero degli Esteri a San Pietroburgo, anche se di fatto non risulta che abbia mai svolto alcun lavoro ministeriale, e dove invece faceva vita mondana e frequentava società letterarie politiche progressiste, come l'Arzamas e la Lampada verde. A causa di alcuni scritti rivoluzionari, che erano giunti a conoscenza dello stesso zar Alessandro I, fu costretto a lasciare la città e ad assumere un incarico governativo nella sperduta e lontana Ekaterinoslav. Lavorò nel frattempo ad un poema epico romantico in sei canti Ruslan e Ljudmila, edito nel 1822, che gli valse il rispetto e gli onori della nuova generazione di letterati e le antipatie della vecchia.

Puškin trasse vantaggio dal confino viaggiando al seguito del generale V. F. Raevskij, nominato suo custode, e visitando diverse regioni dell'Impero russo; in Moldavia, entrò nella Massoneria. Durante i due anni di confino scrisse Il prigioniero del Caucaso e una serie di liriche e poemetti in stile byroniano oltre ai primi tre canti dell'Evgenij Onegin. Nel 1823 venne trasferito ad Odessa alle dipendenze del principe Voroncov, governatore generale della Nuova Russia, che lo denunciò alla polizia per attività sovversiva, per vendicarsi della relazione che il poeta aveva con sua moglie. Fu quindi mandato in esilio presso Pskov, nella tenuta materna di Michajlovskoe, dove rimase, senza la possibilità di allontanarsene, fino al 1826. Intanto nel 1825 finì il poema drammatico Boris Godunov (rappresentato solo nel 1831) e il racconto in versi Il conte Nulin, oltre a diverse poesie.

Tornato a San Pietroburgo si sposò nel 1831 con Natal'ja Nikolaevna Gončarova, con cui ebbe quattro figli. Nello stesso anno Puškin incontra Gogol', e con lui instaura un forte rapporto di amicizia e reciproca stima, tanto che, quando nel 1836 avvia una sua rivista, pubblica al suo interno alcuni dei racconti più belli e famosi di Gogol'. Intanto Puškin e sua moglie cominciarono a frequentare la società di corte e gli eventi mondani; fu un periodo di problemi finanziari e umiliazioni per lo scrittore, soprattutto a causa della moglie e dei suoi numerosi ammiratori, tra i quali lo zar stesso.

Nel 1833 uscì in volume Evgenij Onegin (con un capitolo censurato) e pubblicò La dama di picche, nel 1835 l'antologia Poemi e racconti.

Nel 1837, a seguito d'una lettera anonima che insinuava l'infedeltà della moglie, dopo aver insultato il barone van Heeckeren, ambasciatore del Regno dei Paesi Bassi e padre adottivo del presunto amante di lei, il barone francese Georges d'Anthès, Puškin fu sfidato a duello. Il duello si svolse alle quattro del pomeriggio dell'8 febbraio 1837, il barone Georges d'Anthès ferì Puškin che morì due giorni dopo, ad appena 37 anni per complicanze settiche della ferita all'addome.

Puskin mostrò pentimento e conseguentemente ebbe funerali religiosi. Dato che il governo temeva rivolte e dimostrazioni popolari, il funerale fu celebrato nella massima semplicità e il corpo di Puškin fu trasportato segretamente nella notte per essere sepolto nella proprietà di famiglia.

Trama

Eugenio Onegin è un giovane dandy ozioso, disilluso dalla vita e che sembra aver già provato tutto quello che gli era possibile Provando una certa noia esistenziale, si ritira in campagna e diventa amico di un giovane poeta, Vladimir Lenskij, che si è appena fidanzato con Olga. La sorella di Olga, Tatiana, si innamora a prima vista di Onegin e gli scrive una lettera infiammata, ma Onegin la respinge.

Qualche tempo dopo, Lenskij insiste perché il suo amico assista al ballo in occasione dell'onomastico di Tatiana. Onegin, scontento e annoiato, decide di vendicarsi provando a sedurre Olga che sta al gioco, con grande dispiacere di Lenskij che, sentendosi tradito, chiede riparazione con un duello. Il duello con le pistole si svolge il giorno dopo all'alba. Il destino vuole che Onegin uccida il suo amico, trovandosi così costretto a lasciare la città.

Alcuni anni dopo Onegin incontra per caso un suo cugino principe e generale, che lo invita a un ricevimento. Ad esso ritrova Tatiana, che nel frattempo ha sposato il principe. Ella è cambiata e la sua bellezza provoca molti rimpianti a Onegin, che si rende conto dell'errore commesso tempo prima quando la rifiutò. Le confessa il suo amore, ma è troppo tardi: Tatiana preferisce restare fedele a suo marito, anche se il suo amore per Onegin è ancora vivo.

lunedì 11 luglio 2022

Tutto scorre di Vasilij Semënovič Grossman

Vasilij Semënovič Grossman (1905 - 1964) nacque nella cittadina ucraina di Berdyciv, importante centro dell'ebraismo dell'est europeo e allora parte dell'Impero russo, dove trescorse gli anni dell'infanzia e della giovinezza. Si laureò in ingegneria chimica all'Università Statale di Mosca, iniziando la professione a Stalino, l'attuale Donetsk. Negli anni 1930 smise di lavorare come ingegnere e fece della scrittura il proprio impiego, pubblicando una serie di racconti ed alcuni romanzi.

Aderì all'ideologia comunista fino alla seconda guerra mondiale, durante la quale fu corrispondente di guerra per il quotidiano dell'esercito Krasnaja Zvezda (Stella Rossa) e seguì l'avanzata fino alla Germania, trascorrendo più di mille giorni al fronte, un primato per un civile al seguito di militari. In quel periodo cominciò a comporre una grande opera sulla guerra, incentrata sulla battaglia di Stalingrado, e diede alle stampe Il popolo è immortale (1943), esaltazione dei sacrifici sofferti dai popoli dell'Unione Sovietica e dello spirito combattivo che li animò durante l'invasione tedesca del 1941. Tra il 1944 e il 1945 lavorò a un'opera che documentava i crimini di guerra nazisti contro gli ebrei nei territori sovietici (Il libro nero – Il genocidio nazista nei territori sovietici 1941 - 1945). Fu corrispondente con il corpo d'avanzata sovietico che, nell'agosto 1944, entrò nel campo di sterminio di Treblinka, assistendo agli orrori compiuti dai nazisti nei confronti degli ebrei deportati da tutta Europa. Riprese il tema della persecuzione nazista degli ebrei nella dilogia di Stalingrado, cui Vasilij Grossman cominciò a lavorare già dal 1943. La dilogia si compone di due romanzi Za pravoe delo (Per una giusta causa, in italiano uscito come Stalingrado) e Zhizn i sudba (Vita e destino).

Dopo aver assistito alla campagna antisemita che avvenne in Unione Sovietica fra il 1949 e il 1953 maturò una diversa sensibilità, che lo portò a trovarsi in dissidio col regime e lo fece cadere in disgrazia. Fu solo nel 1970, in Francia, che venne pubblicato postumo uno dei suoi romanzi più significativi, Tutto scorre…. La stesura finale della sua opera più monumentale sulla guerra, Vita e destino, invece fu sequestrata, nel febbraio del 1961 da due agenti del KGB che portarono via tutte le copie che riuscirono a trovare: le veline a carta carbone, le minute e persino i nastri della macchina da scrivere su cui l'opera era stata battuta. Il romanzo non avrebbe mai visto la luce se qualcuno non fosse riuscito a salvare il manoscritto, portandolo ad Andrej Sacharov che nei suoi laboratori lo fece fotocopiare e riuscì a portarne una, forse due copie a Losanna, dove inizialmente fu stampato in russo nel 1980.

Grossman morì di cancro allo stomaco il 14 settembre 1964, senza sapere che il suo romanzo era stato salvato.

Trama

Il romanzo è costituito da ventisette capitoli, ciascuno dei quali racchiude un incontro o un ricordo del protagonista, il che costituisce spesso lo spunto per riflessioni di ordine politico o storico.

Dopo la morte di Stalin, Ivan Grigor'evič ritorna in libertà dopo aver trascorso trent'anni nei lager sovietici. Si reca dapprima a Mosca, dove risiede suo cugino Nikolaj Andreevič, uno scienziato mediocre che ha fatto carriera occupando il posto dei colleghi caduti in disgrazia per motivi politici, in particolare dei ricercatori ebrei discriminati durante il cosiddetto "complotto dei medici". Ivan Grigor'evič si reca poi a Leningrado, la città nella quale risiede Anja Zamkovskaja, la donna un tempo amata. Ivan si limita a osservare l'abitazione di Anja, senza avere tuttavia il coraggio di incontrare la donna, la quale nel frattempo non ha avuto la forza di aspettarlo e si è risposata. A Leningrado Ivan si imbatte in Pinegin, un compagno di università che lo aveva denunciato e che ora è un agiato burocrate. Ivan Grigor'evič si stabilisce infine in una piccola località della Russia meridionale dove trova lavoro come fabbro, specialità appresa a suo tempo nei lager. Nella nuova città Ivan si innamora di Anna Sergeevna, una povera vedova di guerra. Dopo la morte per cancro polmonare di Anna Sergeevna, il viaggio di Ivan Grigor'evič si conclude sulle coste del Mar Nero, dove sorgeva l'abitazione di suo padre.