Trama
Arrivata quasi
all’età di ottant’anni, la Regina Elisabetta II scopre la lettura. Per tutta la
vita i libri l’hanno circondata, stipati nei polverosi scaffali delle
biblioteche dei palazzi regali, ma lei non ha mai conosciuto il piacere della
lettura. Lo scopre un giorno, per puro caso, quando i suoi cani dopo essere
rientrati ritornano in cortile e iniziano ad abbaiare. Abbaiano a un furgone,
“grande come quello dei traslochi”, parcheggiato di fronte alle cucine del
palazzo. È la biblioteca circolante del
distretto di Westminster; Sua Maestà non l’ha mai vista lì davanti e,
dato il baccano provocato dai cani, sale gli scalini per andare a scusarsi.
Conosce così il signor Hutchings,
il bibliotecario, e un giovanotto bruttino dai capelli rossi, di nome Norman, che lavora nelle cucine del
palazzo reale e divora libri. Vincendo la propria iniziale diffidenza, la
regina chiede in prestito un libro, più per gentilezza che per reale interesse,
ma da quel momento in poi tutto cambia. La sovrana, conquistata pagina dopo
pagina dalla parola scritta e dalle narrazioni che sceglie ogni settimana,
chiede che il ragazzo “mingherlino e pel di carota” salga ai piani alti e lasci
le cucine per diventare il suo personale assistente di lettura.
Quel che è più divertente è che l’irruzione dei libri nell’universo regale ha effetti di generale stravolgimento degli equilibri di palazzo. Spassosi i dialoghi tra la regina e il suo segretario privato, Sir Kevin Scatchard, "un diligentissimo neozelandese dal quale ci si aspettavano grandi cose", uomo un po’ limitato che vive con autentico terrore l’idea che la sovrana trascuri gli impegni di corte, le convenzioni e il protocollo per mettersi a fantasticare rapita dai libri. I timori di Sir Kevin non si rivelano infondati: di lì a poco la regina inizia a trovare sempre più noiose le incombenze regali, le uscite pubbliche, gli incontri con i sudditi.
Oltre a quelli con il segretario privato sono deliziosi i dialoghi con le dame di compagnia, il primo ministro, totalmente ignorante in fatto di letteratura, gli altri capi di stato. Sua Maestà, per esempio, mette terribilmente in imbarazzo il presidente francese chiedendo una sua opinione su Jean Genet durante un banchetto.
Ma quel che è grande nel romanzo
di Bennett è la capacità di raccontare il cambiamento di prospettiva, la metamorfosi psicologica che i libri
creano nella regina. Come se per decenni avesse guardato il mondo da un luogo
buio e appartato, adesso è sopraffatta da un’estrema curiosità verso la vita in
tutte le sue forme e verso l’uomo; si accorge che nei libri può trovare le
risposte a quelle domande che non aveva avuto mai il coraggio di porre neanche
a se stessa.
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