mercoledì 21 febbraio 2018

Voci del verbo andare di Jenny Erpenbeck


 
Jenny Erpenbeck è nata a Berlino Est nel 1967 da padre di origini russe, fisico, filosofo e scrittore, e madre polacca, traduttrice dall'arabo.  Ha frequentato una scuola professionale a Berlino est dove ha conseguito il diploma di maturità nel 1985. Ha poi frequentato un corso biennale per diventare rilegatrice di libri e ha lavorato in diversi teatri come guardarobiera e trovarobe. Dal 1988 al 1990 ha studiato scienza del teatro alla Humboldt Universitaet a Berlino e nel 1990 è passata agli studi per regista di teatri di musica presso la scuola di musica "Hanns Eisler". Subito dopo la fine degli studi nel 1994 ha lavorato come assistente alla regia all'Opera di Graz e successivamente alla messa in scena di diverse opere in Germania e in Austria. Attualmente vive a Berlino con suo marito Wolfgang Bozic, direttore d'orchestra, e il loro figlio. Accanto al lavoro di regista ha intrapreso negli anni novanta la carriera di scrittrice con testi di prosa e teatro. Il suo romanzo di esordio è stato nel 1999 Storia della bambina che volle fermare il tempo . Nel 2008 è uscito il pluripremiato Di passaggio, che ha ottenuto un sorprendente successo di pubblico e di critica anche oltreoceano. Con E non è subito sera (2012) ha vinto il prestigioso Hans Fallada Prize. Voci del verbo andare (2015), tra i finalisti del Deutscher Buchpreis, è stato tra i libri più venduti nella classifica dello Spiegel.

Trama
Richard è un filologo classico in pensione, quasi per caso entra in contatto con un gruppo di africani alloggiati in un campo profughi di Berlino. È un uomo solo, vedovo e senza figli, e ha molto tempo a disposizione; in quel luogo si scoprirà capace di ascoltare le vite degli altri, le peripezie e le vicissitudini di chi viene dal Ghana, dal Ciad, dalla Nigeria, storie di lutto, fame, guerra, coraggio e difficoltà. Nel dialogo con gli esuli Richard scorge un’umanità a tratti capace di essere innocente e integra. La sua cultura classica funge da elemento rivelatore, lo aiuta a immergersi in un mondo e in una diversa visione del mondo, a confrontare valori a volte contrapposti. L’antichità e la modernità, l’universalismo e l’interesse individuale, il difficile bilanciamento tra gli ideali e la sopravvivenza. Gli uomini a cui pone le sue domande sono riusciti ad arrivare a Berlino nell’autunno del 2013, dopo essere sbarcati a Lampedusa. Sono quattrocento stranieri in terra straniera, e tutto per loro è diverso, difficile, alieno. Prima si accampano in una piazza del quartiere Kreuzberg per chiedere aiuto e lavoro, ma la polizia non perde tempo, li sgombera e li ricovera nella zona orientale della capitale. Vitto e alloggio, una prima conquista, e poi un corso per apprendere la nuova lingua. Ma per loro, come per quasi tutti quelli che sono scappati dai paesi di origine per approdare in Europa in cerca di un rifugio e di una casa, la normalità è una conquista difficile. Prima di tornare a vivere si annuncia un’attesa di anni.
Liberamente tratto dal web