sabato 4 marzo 2023

Sulla riva del mare di Abdulrazak Gurnah

 

Abdulrazak Gurnah è nato nel 1948 sull'isola di Zanzibar, al largo della costa dell'Africa orientale e all'epoca facente parte del sultanato di Zanzibar. Ha terminato la scuola secondaria nel 1966, due anni dopo la rivoluzione, un periodo fortemente connotato da disordini e violenze. Per proseguire gli studi e fuggire ai conflitti in corso, all'età di diciotto anni si è trasferito con il fratello in Gran Bretagna, presso un cugino. Dal 1980 al 1982 Gurnah ha insegnato alla Bayero University in Nigeria. Nel 1982 ha conseguito il dottorato di ricerca presso l'Università del Kent, dove dal 1985, fino al suo recente pensionamento, ha insegnato letteratura inglese e postcoloniale.

Il suo primo romanzo, Memory of Departure, completato intorno al 1973, è stato inizialmente rifiutato dalla Heinemann African Writers Series (AWS) ed è stato pubblicato solo nel 1987 dall'editore londinese Jonathan Cape, cui Gurnah aveva inviato il suo manoscritto, senza servirsi di alcun agente intermediario. A questo romanzo seguiranno Pilgrims Way (1988), Dottie (1990) e Paradiso (1994), finalista al premio Booker Prize. Le opere successive includono Admiring Silence (1996)Sulla riva del mare (2001), Desertion (2005), The Last Gift (2011), Gravel Heart (2017) e Afterlives (2020). Ha curato due volumi di saggi sulla letteratura africana, Essays on African writingA Re-evaluation (1993) e Essays on African Writing: Contemporary Literature (1995). Ha pubblicato articoli su numerosi scrittori contemporanei, e ha lavorato come redattore nella rivista Wasafiri dal 1987.

Il 7 ottobre 2021 ha vinto il premio Nobel per la letteratura con la seguente motivazione: "per la sua intransigente e compassionevole penetrazione degli effetti del colonialismo e del destino del rifugiato nel divario tra culture e continenti". 

Trama

Il romanzo comincia dalla storia di Saleh Omar, un uomo di più di sessant’anni che si presenta all’aeroporto di Londra con un visto non valido per chiedere asilo. Gli hanno consigliato di fingere di non sapere una parola d’inglese, così sarà tutto più facile, e inizialmente Omar è solo una spugna pronta ad assorbire tutto ciò che lo circonda, cercando di rimanere invisibile. L’assistente sociale che ha preso in carico il suo caso, non riuscendo a comunicare con lui, deve chiedere la consulenza di un esperto di kiswahili. Il caso vuole che l’uomo interpellato sia il professor Latif Mahmud, il figlio dell’acerrimo rivale di Omar. Da anni lontano da casa, Latif ricorda bene Omar ed è combattuto: dal profondo del suo cuore sale un risentimento difficile da gestire, eppure la rabbia si scarica in una spontanea e strana cortesia. Sembra quasi naturale dialogare, scambiarsi opinioni, e comprendere. Il confronto tra i due uomini si trasforma in un vero e proprio viaggio nel passato dove si ripercorrono eventi cruciali che intrecciano la storia degli uomini a quella del loro Paese. Il lettore viene catapultato a Zanzibar, descritta in maniera così diversa rispetto a Londra, al punto che sembra sia la penna di un altro scrittore a tratteggiare la vita in questo affascinante luogo sulla riva del mare. E invece è solo la maestria di chi ha vissuto fra due realtà diverse, e col tempo ha imparato a comprenderle e amarle, accogliendone debolezze e contraddizioni. Impariamo come funzionavano i grandi viaggi dei commercianti, pronti a spostarsi da un luogo all’altro in un dato periodo dell’anno. Apprendiamo come si svolgevano le questioni tra mercanti, nelle quali si potevano elargire prestiti pur non sapendo se sarebbero tornati indietro. Ma attraverso le parole e le esperienze dei due protagonisti respiriamo non solo i profumi e i colori dell’Africa, ma anche le lacerazioni di un Paese estremamente problematico. A Latif, una sorta di alter ego di Gurnah, viene affidato il compito di ricostruire la situazione a Zanzibar alla vigilia dell’indipendenza, e di mostrare quali sono le fasi dell’esilio: in definitiva, quali sono i piccoli pezzi di noi che ci vengono sottratti quando decidiamo, per scelta o per necessità, di lasciare la nostra terra.

 

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