Aderì all'ideologia
comunista fino alla seconda guerra mondiale, durante la quale fu corrispondente
di guerra per il quotidiano dell'esercito Krasnaja Zvezda (Stella
Rossa) e seguì l'avanzata fino alla Germania, trascorrendo più di
mille giorni al fronte, un primato per un civile al seguito di militari. In
quel periodo cominciò a comporre una grande opera sulla guerra, incentrata
sulla battaglia di Stalingrado, e diede alle stampe Il popolo è
immortale (1943), esaltazione dei sacrifici sofferti dai popoli dell'Unione
Sovietica e dello spirito combattivo che li animò durante l'invasione
tedesca del 1941. Tra il 1944 e il 1945 lavorò a un'opera
che documentava i crimini di guerra nazisti contro gli ebrei nei
territori sovietici (Il libro nero – Il genocidio nazista nei territori
sovietici 1941 - 1945). Fu corrispondente con il corpo d'avanzata sovietico
che, nell'agosto 1944, entrò nel campo di sterminio di Treblinka, assistendo
agli orrori compiuti dai nazisti nei confronti degli ebrei deportati da tutta
Europa. Riprese il tema della persecuzione nazista degli ebrei nella dilogia
di Stalingrado, cui Vasilij Grossman cominciò a lavorare già dal 1943. La
dilogia si compone di due romanzi Za pravoe delo (Per una
giusta causa, in italiano uscito come Stalingrado) e Zhizn i sudba (Vita
e destino).
Dopo aver assistito alla
campagna antisemita che avvenne in Unione Sovietica fra il 1949 e
il 1953 maturò una diversa sensibilità, che lo portò a trovarsi in
dissidio col regime e lo fece cadere in disgrazia. Fu solo nel 1970, in Francia, che
venne pubblicato postumo uno dei suoi romanzi più significativi, Tutto
scorre…. La stesura finale della sua opera più monumentale sulla guerra, Vita
e destino, invece fu sequestrata, nel febbraio del 1961 da due agenti del
KGB che portarono via tutte le copie che riuscirono a trovare: le veline a
carta carbone, le minute e persino i nastri della macchina da scrivere su cui
l'opera era stata battuta. Il romanzo non avrebbe mai visto la luce se qualcuno
non fosse riuscito a salvare il manoscritto, portandolo ad Andrej Sacharov che
nei suoi laboratori lo fece fotocopiare e riuscì a portarne una, forse due
copie a Losanna, dove inizialmente fu stampato in russo nel 1980.
Grossman morì di cancro
allo stomaco il 14 settembre 1964, senza sapere che il suo romanzo era stato
salvato.
Trama
Il
romanzo è costituito da ventisette capitoli, ciascuno dei quali racchiude un
incontro o un ricordo del protagonista, il che costituisce spesso lo spunto per
riflessioni di ordine politico o storico.
Dopo
la morte di Stalin, Ivan Grigor'evič ritorna in libertà dopo aver
trascorso trent'anni nei lager sovietici. Si reca dapprima a Mosca,
dove risiede suo cugino Nikolaj Andreevič, uno scienziato mediocre che ha fatto
carriera occupando il posto dei colleghi caduti in disgrazia per motivi politici,
in particolare dei ricercatori ebrei discriminati durante il
cosiddetto "complotto dei medici". Ivan Grigor'evič si reca poi
a Leningrado, la città nella quale risiede Anja Zamkovskaja, la donna un
tempo amata. Ivan si limita a osservare l'abitazione di Anja, senza avere
tuttavia il coraggio di incontrare la donna, la quale nel frattempo non ha
avuto la forza di aspettarlo e si è risposata. A Leningrado Ivan si imbatte in
Pinegin, un compagno di università che lo aveva denunciato e che ora è un
agiato burocrate. Ivan Grigor'evič si stabilisce infine in una piccola località
della Russia meridionale dove trova lavoro come fabbro, specialità appresa
a suo tempo nei lager. Nella nuova città Ivan si innamora di Anna Sergeevna,
una povera vedova di guerra. Dopo la morte per cancro polmonare di Anna
Sergeevna, il viaggio di Ivan Grigor'evič si conclude sulle coste del Mar
Nero, dove sorgeva l'abitazione di suo padre.
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