lunedì 18 marzo 2024

Il Posto di Annie Ernaux

Annie Ernaux (Lillebonne, 1º settembre 1940)

Annie Duchesne nasce a Lillebonne, in Normandia, in un contesto sociale di modeste condizioni. Annie trascorre l'infanzia e la giovinezza a Yvetot, dove i genitori, prima operai e poi piccoli commercianti, gestiscono un bar-drogheria. Dopo gli studi all'Université de Rouen ottiene l'abilitazione all'insegnamento e inizia la carriera di insegnante di lettere moderne in un liceo. L'umile provenienza della sua famiglia e il passaggio all'universo "borghese", consentito a Annie grazie all'istruzione ricevuta, rappresenteranno un'esperienza che inciderà profondamente sulla sua scrittura e sul suo impegno sociale e politico. Nel 1964 si sposa con Philippe Ernaux; il matrimonio, da cui nasceranno due figli, finisce all'inizio degli anni 1980, quando il marito la lascia dopo 17 anni di vita insieme. Negli anni settanta milita nel movimento femminista e scrive articoli a sfondo politico su Le Monde. Nel 1974 pubblica il suo primo romanzo. Il suo quarto libro, Il posto, vince il Premio Renaudot nel 1984. Attraverso le sue opere racconta alcuni degli avvenimenti che hanno segnato la sua vita, come un aborto clandestino in L'evento (L'Événement), una storia d'amore con un amante russo in Passione semplice, la morte di sua madre in Una donna, il suo tumore in L'Usage de la photo.

Nel 2000 si ritira dall'insegnamento e si dedica alla scrittura de Gli anni (Les Années) che verrà pubblicato nel 2008 e riceverà diversi premi. Nel 2011 esce alle stampe L'altra figlia, una lettera indirizzata alla sorella mai conosciuta, morta prima della sua nascita, e L'Atelier noir, che riunisce vari taccuini composti da note e riflessioni sulla scrittura. Nello stesso anno, viene pubblicata l'antologia Écrire la vie, che raccoglie la maggior parte dei suoi scritti autobiografici e un quaderno di cento pagine, composto da foto e brani inediti tratti dal suo diario.

Nell'aprile 2016 pubblica un nuovo racconto autobiografico, Memoria di ragazza (Mémoire de fille), in cui, quasi sessant'anni dopo, parla dell'estate 1958, in cui compì 18 anni e sperimentò il suo primo rapporto sessuale. Questa esperienza, avvenuta lontano da casa, mentre faceva l'animatrice in una colonia di vacanza, rimarrà per lei, come scrive nel libro, "il grande ricordo della vergogna, il più dettagliato, il più intrattabile di ogni altro".

Vince numerosi premi letterari e nel 2022 le viene assegnato il premio Nobel per la letteratura «per il coraggio e l'acutezza clinica con cui svela le radici, gli allontanamenti e i vincoli collettivi della memoria personale».

Trama

La storia di un uomo - prima contadino, poi operaio, infine gestore di un bar-drogheria in una città della provincia normanna - raccontata con precisione chirurgica, senza compatimenti né miserabilismi, dalla figlia scrittrice. La storia di una donna che si affranca con dolorosa tenerezza dalle proprie origini e scrive dei suoi genitori alla ricerca di un ormai impossibile linguaggio comune. Una scrittura tesissima, priva di cedimenti, di una raffinata semplicità capace di rendere ogni singola parola affilata come un coltello. Il posto è un romanzo autobiografico che riesce, quasi miracolosamente, nell'intento più ambizioso e nobile della letteratura: quello di far assurgere l'esperienza individuale a una dimensione universale, che parla a tutti noi di tutti noi.

Liberamente tratto dal web


domenica 28 gennaio 2024

Le quattro ragazze Wieselberger di Fausta Cialente

Fausta Cialente (25 febbraio 1898 – 12 marzo 1994)

Fausta Cialente nasce a Cagliari nel 1898, figlia di Alfredo, un ufficiale di fanteria aquilano, e Elsa Wieselberger, appartenente a una agiata famiglia triestina. A causa della professione del padre si sposta spesso e vive in diverse città, restando però culturalmente legata a Trieste, città della famiglia materna. Inizia fin da piccola a coltivare la passione per la scrittura insieme al fratello Renato, attore teatrale e cinematografico.

Nel 1921 Fausta sposa il compositore e agente di cambio ebreo Enrico Terni, dal quale avrà una figlia. Con il marito si trasferisce ad Alessandria d'Egitto e poi al Cairo, dove vivrà fino al 1947. Il soggiorno in Egitto diventerà il filo conduttore di alcune sue opere, come il romanzo Cortile a Cleopatra (1936) e il racconto Pamela o la bella estate (uscito nel 1935 sulla rivista Occidente). Con il primo romanzo Natalia (1930), vince il Premio dei Dieci e con Marianna (1931) vince il Premio Galante (così chiamato in quanto conferito esclusivamente alle donne). In questi racconti e romanzi propone temi inconsueti per il tempo e anticipa di decenni le problematiche del femminismo moderno.

Alla fine degli anni Trenta la scrittrice vive in maniera sofferta e indignata l'avanzata in tutta Europa del nazismo e del fascismo, partecipando alla vita culturale e sociale della comunità italiana in Egitto e, durante la seconda guerra mondiale, collaborando alle trasmissioni di Radio Cairo, dove conduce un programma di propaganda antifascista. Nel 1943, fonda e dirige il settimanale per i prigionieri italiani Fronte Unito (1943-1945), che per un breve periodo diventerà Il Mattino della Domenica (1946).

Dopo il 1947 torna in Italia e si dedica per qualche tempo al giornalismo, collaborando con RinascitaItalia NuovaNoi donneIl Contemporaneo e, saltuariamente, anche con il quotidiano comunista l'Unità. Collabora inoltre ad alcune sceneggiature per il cinema. Separatasi dal marito, va a vivere a Roma con la madre e con il nipote acquisito Paolo Terni, allora studente e loro ospite. Alla morte della madre, si trasferisce in Kuwait dalla figlia Lily, soggiornando lungamente anche a Roma o nel varesotto.

Dopo un lungo silenzio, nel 1961 pubblica Ballata Levantina, riproponendosi all'attenzione della critica. Si classifica quindi terza al Premio Strega con Un inverno freddissimo (1966), vicenda ambientata in una Milano invernale con tutti i problemi del difficile periodo postbellico, abbandonando le ambientazioni esotiche e levantine che avevano caratterizzato i suoi precedenti romanzi. Nel 1972 pubblica il romanzo Il vento sulla sabbia e nel 1976 si aggiudica il Premio Strega con Le quattro ragazze Wieselberger.

Nell'ultimo periodo della sua vita, Fausta Cialente si trasferisce definitivamente in Inghilterra dove si occupa principalmente di traduzioni dall'inglese. Il 12 marzo 1994 muore all'età di 96 anni.

 

Trama

A Trieste, nell'anno 1872, nasce la quarta e ultima figlia ai coniugi Wieselberger. Preceduta da Alice, Alba e Adele, la piccola non riceve un nome con l'iniziale A, come le sorelle, perché il padre, uno dei più apprezzati musicisti della città, è rimasto folgorato dopo l'ascolto del Lohengrin di Richard Wagner e perciò chiama la neonata col nome di Elsa.

La vita della famiglia Wieselberger è agiata, le ragazze fanno eccellenti studi scolastici e musicali, si passano vari mesi in villa, ossia in una dimora di campagna. Nella casa si svolgono prove d'orchestra e lezioni ad allievi di alto livello musicale. Tra le sorelle, Elsa emerge per il talento di pianista e quindi di cantante, che la porta a studiare a Bologna, cioè in Italia. Infatti Trieste è ancora città austroungarica e vi serpeggia, tra gli abitanti italiani soprattutto l'idea irredentista. Anche se i Wieselberger hanno origini austriache non si discute sul loro aderire alla comunità italiana e il matrimonio della primogenita con un ebreo italiano e quello della stessa Elsa con un ufficiale del Regno d'Italia sono considerati come passi che li porteranno a ricongiungersi alla terra dei loro sogni. Elsa, con il matrimonio, deve rinunciare a una promettente carriera di cantante. Dalla sua unione con l'ufficiale Cialente, nascono i figli Renato e Fausta. La famiglia è costretta a cambiare spesso città, ma ogni estate i bambini raggiungono con la mamma la casa dei nonni e delle zie a Trieste e in campagna, dove trovano anche i cugini.

Gli anni trascorrono, il cugino Fabio, il maggiore dei triestini, diviene direttore d'orchestra e fa carriera in Italia come negli Stati Uniti e una cugina sposa un esponente ebreo dell'irredentismo triestino. Dal canto suo, Renato Cialente, rivelandosi un pessimo studente, ha nascosto a tutti, meno che alla sorella e alla madre, la sua aspirazione a diventare attore e riesce a convincere il padre a dargli delle possibilità. Il ragazzo entra subito nella prestigiosa compagnia di Ermete Zacconi.  Allo scoppio della guerra, Fabio corre ad arruolarsi sotto falso nome, in quanto austriaco. La cugina e il marito non riescono a lasciare Trieste in tempo e sono internati in un campo di prigionia. Fausta deve interrompere gli studi e ha modo di comprendere ogni giorno di più la catastrofe di quanto succede finché, alla notizia della morte di Fabio, anche i parenti aprono gli occhi e capiscono che nulla potrà compensare mai il sogno che hanno coltivato.

Nel 1921, Fausta sposa Enrico Terni, agente di cambio e compositore, e va a vivere ad Alessandria d'Egitto, dove diviene una scrittrice, ma anche un'attivista contro il regime autoritario di Mussolini. La grande casa alessandrina dei Terni è spesso rifugio o transito di fuggiaschi o di portatori di idee che vengono divulgate con vari mezzi, tra i quali una radio. Lontana dall'Italia Fausta Cialente non ha potuto assistere alla dipartita del padre e soprattutto dell’amato fratello. Durante l'occupazione di Roma, l'attore Renato Cialente, che ha avuto il coraggio di portare in scena un dramma sgradito al regime, viene investito per strada da un'ambulanza nazista e tutti sono sicuri che sia stato un attentato. Renato non aveva legami di famiglia, a parte la madre e la sorella, che piombano in una costernazione apparentemente illimitata.

Alla fine del conflitto, la scrittrice torna in Italia e si ricongiunge alla madre. Con loro va a vivere un nipote, il futuro musicista e conduttore radiofonico Paolo Terni. L'unica figlia di Fausta si è sposata con un inglese, un arabista, e vive in Israele. Poco dopo anche l'ultima delle sorelle Wieselberger si spegne a Roma, assistita dalla figlia. Sentendosi ormai priva di un legame col passato, Fausta Cialente stenta a ritrovare un equilibrio e ci riuscirà sulle rive del Golfo Persico, seguendo le nipotine, poi la figlia, e avendo l'impressione di sentire la presenza materna alle spalle.

Liberamente tratto dal web

 

domenica 17 dicembre 2023

La paga del sabato di Beppe Fenoglio

Giuseppe Fenoglio, detto Beppe (Alba, 1º marzo 1922 – Torino, 18 febbraio 1963)  

Primogenito di tre figli, Beppe nacque ad Alba, dove suo padre aveva una macelleria in piazza del Duomo. Alle elementari si dimostrò un bambino intelligente e riflessivo e successivamente frequentò il Liceo Ginnasio "Govone" di Alba, dove nacque la sua passione per la lettura e la lingua inglese. Ebbe professori illustri e per lui indimenticabili, come i docenti di italiano e filosofia, che furono di ispirazione per la maturazione della sua coscienza antifascista. Nel 1940 si iscrisse alla facoltà di Lettere dell'Università degli Studi di Torino, che frequentò fino al 1943, quando fu chiamato alle armi. Dopo lo sbandamento seguito all'8 settembre 1943, Fenoglio nel gennaio del 1944 si unì alle prime formazioni partigiane operanti nelle Langhe e partecipò, assieme al fratello Walter, allo sfortunato combattimento di Carrù e alla straordinaria ma breve esperienza della Repubblica partigiana di Alba. Grazie alla conoscenza dell'inglese, svolse il ruolo di interprete e ufficiale di collegamento tra le forze armate angloamericane e il gruppo partigiano di Mauri e Balbo.

Dall'esperienza di partigiano azzurro nasceranno i romanzi Primavera di bellezzaUna questione privataIl partigiano Johnny e i racconti de I ventitré giorni della città di Alba.

Alla fine della guerra, Fenoglio riprese per un breve tempo gli studi universitari prima di decidere, con grande rammarico dei genitori, di dedicarsi interamente all'attività letteraria. Nel maggio del 1947, grazie alla sua ottima conoscenza della lingua inglese, fu assunto come corrispondente estero di una casa vinicola di Alba. Il lavoro, poco impegnativo, gli permise di contribuire alle spese della famiglia e di dedicarsi alla scrittura. Nel 1949 comparve il suo primo racconto, intitolato Il trucco e firmato con lo pseudonimo di Giovanni Federico Biamont. Nello stesso anno presentò a Einaudi i Racconti della guerra civile e La paga del sabato, a cui lavorò fino alla fine del 1950, quando decise di abbandonarlo per organizzare una raccolta di dodici racconti che fu pubblicata nel 1952 con il titolo I ventitré giorni della città di Alba (la paga del sabato sarà pubblicato postumo, nella sua versione originale). L'anno seguente Fenoglio completò il romanzo breve La malora e nell'aprile del 1959 uscì Primavera di bellezza. Negli anni successivi lavorò a diversi racconti e collaborò a una sceneggiatura cinematografica di tema contadino. Intensa in quegli anni anche l’attività di traduttore di opere letterarie dall’inglese.

Nel 1960 si sposò civilmente con Luciana Bombardi, che conosceva già dall'immediato dopoguerra. Nonostante le pressioni per un rito in chiesa, Fenoglio insistette per una cerimonia solamente civile e la sua decisione fece scandalo. La figlia Margherita nacque il 9 gennaio 1961 e per l'occasione, Fenoglio scrisse due brevi racconti, La favola del nonno e Il bambino che rubò uno scudo.

Nell'inverno tra il 1959 e il 1960, in seguito a un esame medico, gli venne accertata un'infezione alle vie aeree, con complicazioni dovute alla forma di asma bronchiale di cui soffriva da anni a causa dell'eccessivo vizio del fumo. Nel 1962 gli venne diagnosticato un tumore ai bronchi. Conscio della gravità del male, Fenoglio rifiutò di effettuare la radioterapia e morì la notte del 18 febbraio 1963, a neppure 41 anni.

Trama

Ettore è il tipico disadattato uscito dalla guerra partigiana scontroso e insofferente, che non riesce a rassegnarsi alla modesta e tranquilla routine di un’esistenza qualunque, senza brividi, senza slanci in avanti. Per questo decide di darsi ad affari loschi ma molto redditizi, che lo facciano sentire di nuovo vivo per davvero, sfruttando la sua grinta di «duro», di piccolo Humphrey Bogart di paese. Ma quando, costretto a metter su famiglia, si ritira e si dedica a un lavoro onesto, uno stupido incidente volge l’epilogo in tragedia. 

Liberamente tratto dal web

mercoledì 4 ottobre 2023

Il mio nome nel vento di Alessandro Rivali

 

Alessandro Rivali è nato il 5 aprile 1977 a Genova. Ha frequentato il liceo classico all'istituto Ravasco di Genova, dove si avvicina alla poesia scrivendone una, al posto del fratello, dedicata alla madre. Dopo il liceo si trasferisce a Milano e frequenta lettere moderne con indirizzo storico all'Università degli studi di Milano. Si laurea con una tesi sull'immagine della grande guerra negli anni della Belle Époque. In questi anni continua la sua attività poetica e nel 1998 all'età di 21 anni conosce Giampiero Neri, che sarà il suo maestro. Collabora con le riviste: Atelier, ClanDestino, La Clessidra, Lo Specchio della Stampa, Resine e Studi Cattolici.

Nel 2005  ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie, dal titolo La riviera del sangue, nel 2010 La caduta di Bisanzio e nel 2021 La terra di Caino, che ha vinto numerosi premi. Nel 2018 ha pubblicato il libro intervista Ho cercato di scrivere paradiso. Ezra Pound nelle parole della figlia: conversazioni con Mary de Rachewiltz, Lavora come editore per le Edizioni Ares.

Trama

Il protagonista è Augusto “Gutin” Monclavi, il più piccolo dei fratelli di una numerosa famiglia di genovesi trapiantati a Barcellona nei primi decenni del Novecento. Il padre, dopo una serie di forti dissidi famigliari sulla scelta della moglie, decide di lasciare la città natale e imbarcarsi verso una nuova meta. Il caso lo porterà a Barcellona dove, grazie all’impegno e alla perseveranzaaprirà una delle più rinomate gastronomie della città. I figli nascono e crescono in un ambiente favorevole, ricco di stimoli, fino a quando nel 1936 la guerra civile imperversa in Spagna. La città è in fiamme e i Monclavi, dopo attenta e sofferta valutazione, decidono di lasciare la Catalogna per tornare sulle coste liguri. Dopo un viaggio sospeso tra il sollievo di essere scampati alla violenza, la disperazione per aver lasciato la propria casa e la speranza in un nuovo avvenire, gli occhi sognanti del protagonista vedranno le meraviglie di Genova, la villa sulle colline di Gavi, l’incanto della vita nei boschi. Ed è qui che Gutin rimane affascinato da uno zio avventuriero, grande conoscitore di quelle storie di mare di cui la fantasia del ragazzo si nutre. Ma Augusto resta affascinato anche da una ragazza dai riccioli neri, Laura, con la quale inizia a trascorrere le sue giornate, senza però il coraggio di dichiararle il suo amore. Qualche anno dopo tutto questo viene spazzato via dallo scoppio della Seconda guerra mondiale. L’adorato zio sceglie di salire sui monti con i partigiani, Laura fugge insieme alla sua famiglia: la vita dei Moncalvi non è più la stessa. Giulia, la sorella maggiore, è costretta a occuparsi della casa e dei suoi fratelli. Finché un giorno i tedeschi prendono possesso di villa Moncalvi e Augusto, attraverso il confronto con un medico dell’esercito invasore e quello sempre più stretto con sua sorella, impara a distinguere il confine tra il bene e il male e a rimettere insieme i tasselli della sua storia famigliare. Quando la guerra volge al termine, Gutin prova a rintracciare suo zio e quella ragazza dai riccioli neri che non vede da mesi, sperando che nel frattempo non si sia dimenticata di lui.

 

Liberamente tratto dal web

 


sabato 19 agosto 2023

Come d'aria di Ada D'Adamo

Ada D'Adamo (Ortona1º settembre 1967 – Roma1º aprile 2023)

Nata a Ortona nel 1967, si trasferisce a Roma dove si diploma al corso di avviamento dell'Accademia nazionale di danza e consegue due lauree: una in lettere, all'Università "La Sapienza" e una in discipline dello spettacolo.

Appassionata di danza e musica classica fin dall'infanzia, lungo la sua carriera D'Adamo ha lavorato principalmente nel mondo del teatro e della danza contemporanea. Ha scritto diversi saggi (spesso incentrati sul ruolo del corpo nell'arte e nella danza) e si è occupata della produzione e promozione di spettacoli teatrali in collaborazione con l'Ente teatrale italiano, il Romaeuropa Festival e altre associazioni. E’stata molto attiva anche nell'ambito della letteratura per l'infanzia.

Nel 2005 nasce sua figlia Daria; solo dopo la nascita, alla bambina è stata diagnosticata un'oloprosencefalia, malattia caratterizzata da una grave malformazione cerebrale e che l'ha resa completamente invalida. Spinta dalle difficoltà incontrate, insieme al compagno, nel crescere e aiutare la figlia, nel febbraio del 2008 D'Adamo ha scritto una lettera di sfogo a Corrado Augias, in cui denunciava l'insufficiente tutela nei confronti delle famiglie con figli disabili in Italia e auspicava l'introduzione di leggi che garantissero il diritto all'aborto, ammettendo che lei stessa avrebbe interrotto la propria gravidanza se le fosse stato possibile.

Tra il 2013 e il 2014, la scrittrice ha iniziato la stesura del suo primo romanzo autobiografico, Come d'aria, ispirato proprio dal suo rapporto con la figlia e dalla scoperta di aver sviluppato un tumore e dalle conseguenti cure a cui si è dovuta sottoporre. Il libro è stato pubblicato a gennaio 2023 e nello stesso anno è stato insignito del Premio Mondello nella sezione "Autore italiano", ha ricevuto una menzione speciale al Premio Campiello e vinto il Premio Strega Giovani. Il premio è stato ritirato dal marito, Alfredo Favi, perché l’autrice è deceduta a causa delle complicanze dovute alla sua lunga malattia prima della finale.

 

Trama

Daria è la figlia, il cui destino è segnato sin dalla nascita da una mancata diagnosi. Ada è la madre, che sulla soglia dei cinquant’anni scopre di essersi ammalata. Questa scoperta diventa occasione per lei di rivolgersi direttamente alla figlia e raccontarle la loro storia. Tutto passa attraverso i corpi di Ada e Daria: fatiche quotidiane, rabbia, segreti, ma anche gioie inaspettate e momenti di infinita tenerezza. Le parole attraversano il tempo, in un costante intreccio tra passato e presente. Un racconto di straordinaria forza e verità, in cui ogni istante vissuto è offerto al lettore come dono.

Liberamente tratto dal web