Vita e opere di Eugenio Corti (1921-2014)
Il padre Mario, industriale tessile, aveva iniziato a lavorare giovanissimo e alla fine degli anni ,40 gestiva in proprio cinque stabilimenti con circa 1200 dipendenti. Della stessa eucazione profondamente religiosa era la madre Irma Bestetti. Eugenio e i suoi nove fratelli, con l'esempio dei genitori, furono educati a un forte impegno caritativo e sociale.
Eugenio Corti frequentò parte della scuola elementare a Besana, poi continuò gli studi classici fino alla maturità nel Collegio San Carlo di Milano. Scoprì la propria vocazione di scrittore sin dai primi anni di collegio: decisivo l'incontro con i poemi omerici, che orienteranno la sua scrittura alla ricerca della verità e della bellezza. Diceva: "Omero trasforma in bellezza tutte le cose di cui parla".
Completati gli studi classici, nel 1940 si iscrisse all'Università Cattolica del Sacro Cuore, facoltà di Giurisprudenza. Dopo pochi mesi, nel febbraio del '41, fu chiamato alle armi e destinato al XXI Reggimento Artiglieria di Piacenza. Da lì passò alla Scuola Allievi Ufficiali di Moncalieri, da cui uscì con la nomina a Sottotenente d'Artiglieria. Alla conclusione del corso, essendo nel primo decimo della graduatoria, poté scegliere la destinazione al fronte; scelse il fronte russo, che raggiunse nel giugno '42. Il suo scopo preciso era "conoscere il mondo comunista".
Dopo aver stabilito il fronte sul Don, nella seconda metà di dicembre l'esercito italiano ricevette l'ordine di abbandonare le postazioni e di ritirarsi. Senza automezzi e senza alimenti sufficienti, i reparti italiani, quasi tutti appiedati, si avviarono a una tragica ritirata. Per il suo comportamento eroico, Corti fu decorato con la medaglia d'argento al valore militare. Il 26 luglio 1943, rifiutò la licenza che i medici dell'ospedale di Baggio volevano accordargli per le sue condizioni di salute.
Rientrato in caserma a Bolzano, venne trasferito a Nettuno. Dopo l'Armistizio dell'8 settembre, si diresse a piedi verso il sud. Dopo un periodo nei campi di riordinamento in Puglia, Corti entrò volontario nei reparti dell'esercito regolare italiano, nati per affiancare gli Alleati.
Nel 1947 ottenne la laurea in Giurisprudenza. Nello stesso anno pubblicò I più non ritornano, il suo primo libro, sull'esperienza autobiografica della ritirata di Russia. E' la testimonianza di un soldato sugli avvenimenti vissuti personalmente e dai commilitoni italiani dal 19 dicembre 1942 al 17 gennaio 1943, con lo sfondamento del fronte italiano a opera delle divisioni sovietiche e la conseguente distruzione del XXXV Corpo d'Armata. Alla sua uscita nelle librerie, il diario ottenne un grande successo, oltre a raccogliere recensioni positive di Benedetto Croce e Mario Apollonio.
Dopo la laurea, Corti iniziò immediatamente la stesura del suo secondo libro, I poveri cristi: l'argomento è la guerra di liberazione dell'Italia. È una sorta di continuazione del primo libro che narra le vicende del soldato Eugenio Corti, il quale, dopo essersi ripreso dalla ritirata di Russia, rimette i panni del soldato per ricostituire il nuovo esercito italiano dopo l'8 settembre, a sostegno delle truppe alleate impegnate a scacciare l'esercito nazista dall'Italia. Sempre più convinto che fosse vicina a scoppiare la rivoluzione comunista, Corti volle inserire nel racconto le proprie riflessioni su ciò che avrebbe fatto in caso di vittoria dei comunisti: avrebbe combattuto contro di loro, precisamente come aveva combattuto contro i nazisti. Le riflessioni sono mal assorbite nel racconto; l'insuccesso del libro pose fine al rapporto con la Garzanti.
Nel maggio 1951, ad Assisi, Corti sposò Vanda dei Conti di Marsciano, conosciuta all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Il matrimonio fu celebrato dall'amico Don Carlo Gnocchi. Nello stesso anno, lo scrittore cominciò a lavorare nell'industria paterna.
Il forte anticomunismo di Corti, nutrito dalla sua esperienza personale nella campagna di Russia, riemerge nella tragedia Processo e morte di Stalin, rappresentata per la prima volta il 3 aprile 1962 presso il Teatro della Cometa di Roma. Mettendo in scena direttamente i protagonisti della dirigenza sovietica. La tragedia espone programmaticamente l'interpretazione che Corti dà alla destalinizzazione in corso in Unione Sovietica, da lui vista come la prova definitiva del fallimento del marxismo. L'opera teatrale fu accolta negativamente da una critica ormai compattamente schierata a sinistra, che operò attivamente per ostracizzare un anti-comunista
Agli inizi degli anni settanta, Corti decise di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura di un imponente romanzo storico, Il cavallo rosso, che vide la luce soltanto nel 1983. Il lungo lavoro di documentazione storica, necessario per un romanzo che abbraccia gran parte del Novecento, non gli impedì di dedicarsi a questioni civili: pubblicamente schierato in difesa della vita fin dal concepimento, nel 1974 fece parte del comitato lombardo per l'abrogazione della legge sul divorzio. Nel 1978, dopo la morte del direttore Luigi Brusadelli, cominciò a collaborare con il quotidiano cattolico locale L'ordine di Como.
Il cavallo rosso fu pubblicato nel 1983 dalla Ares, una casa editrice di area cattolica.
L'opera e racconta le vicende della guerra, la scoperta dei gulag, la bestialità delle repressioni naziste e la descrizione della guerra civile italiana; infine le vicende relative alla ripresa della vita quotidiana dopo il conflitto, spingendosi fino al 1974. Le vicende dei personaggi e delle loro famiglie hanno sullo sfondo i grandi avvenimenti di quegli anni, tra cui le inquietudini sociali del tempo, come la contestazione del Sessantotto, il diffondersi della droga e il terrorismo.
Il romanzo ottenne un notevole e duraturo successo di pubblico anche all'estero.
Dopo la pubblicazione de Il cavallo rosso Corti si dedicò alla stesura di altre opere e a numerosissimi incontri pubblici in tutto il mondo. Di questi anni sono vari saggi in cui egli analizza il Concilio Vaticano II (Il fumo nel tempio, 1995) e la Democrazia Cristiana (Breve storia della Democrazia Cristiana).
Dopo aver attraversato la letteratura italiana del secondo Novecento, dagli anni ottanta Corti avvertì la necessità di dedicarsi a nuove forme di scrittura. Nasce così il ciclo dei "racconti per immagini", composizioni in forma di sceneggiatura, con notazioni espositive e con la storia affidata principalmente ai dialoghi.
La terra dell'indio è ambientato nell'America Latina negli anni compresi tra il 1740 e il 1788, all'epoca delle reducciones dei gesuiti. Le reducciones settecentesche del Paraguay erano dei villaggi autonomi mediante i quali i gesuiti cercarono di diffondere la religione cattolica nel nuovo mondo, in parallelo a un'organizzazione socio-economica di influenza utopista.
L'isola del paradiso è invece un soggetto cinematografico abbozzato negli anni '70. La storia rivoca quella dell'ammutinamento del Bounty e del suo equipaggio, che volle riprodurre il paradiso in terra vivendo in assoluta libertà in un isola tropicale. L'esperienza ebbe esiti tragici proprio a opera degli ammutinati, che finirono con l'ammazzarsi l'un l'altro.
Catone l'antico tratta della storia di Marco Porcio Catone, emblema della romanità in un tempo di mutamenti epocali. Ispirandosi alla storia liberamente, il romanzo contrappone la classicità della cultura romana ai pericoli che la minacciano dall'esterno: la corruzione politica ereditata dalla Grecia antica e la minaccia di Cartagine (vista come una civiltà arretrata perché schiavista).
Con Il Medioevo e altri racconti Corti si dedica al Medioevo, da lui visto come paradigma della civiltà cristiana.
La trama
La storia del romanzo ricopre un arco temporale che si sviluppa tra il 1940 e il 1974; essa attraversa così i grandi avvenimenti che in quegli anni hanno sconvolto il mondo. Il nucleo principale del racconto è formato dai Riva, una famiglia di industriali cattolici che vive a Nomana, nel cuore della Brianza. La famiglia Riva è composta dal pater familias Gerardo, dalla madre Giulia, da Manno, il cugino che essendo rimasto orfano vive con loro, e dai 7 figli: Francesca, Ambrogio, Pino, Fortunato, Alma, Rodolfo e Giuditta. Le vicende personali di questi personaggi si intrecciano poi con quelle degli amici più cari, tra cui Michele, Stefano, Pierello e Luca, le loro fidanzate e famiglie e alcuni personaggi storici come don Carlo Gnocchi, padre Gemelli e Togliatti. La narrazione si apre con una scena agreste ambientata nella campagna della Nomanella, piccola frazione alle porte di Nomana. Siamo alla fine del maggio 1940; il diciannovenne Stefano Giovenzana e suo padre Ferrante, contadini, stanno finendo di falciare il prato. Stefano aspetta intanto l’arrivo dell’amico Ambrogio Riva, che sta tornando in anticipo per le vacanze estive dal collegio S. Carlo di Milano a causa della minaccia della guerra che incombe sull’Italia. Di lì a poco, infatti, il destino di questi ragazzi e di tutti gli altri personaggi del romanzo sarà sconvolto dall’entrata in guerra dell’Italia; questo avvenimento, sulle tracce dei giovani briantei impegnati sui diversi fronti del conflitto mondiale, condurrà da questo momento in poi la narrazione. Stefano Giovenzana entra a far parte di uno dei reggimenti più prestigiosi dell’esercito, il Terzo reggimento bersaglieri, e viene mandato sul fronte russo; Ambrogio invece, essendo studente, viene momentaneamente risparmiato. Ha tempo, dopo le vacanze estive, di trascorrere qualche mese all’Università Cattolica di Milano, facoltà di Economia, insieme all’amico e compagno di collegio Michele Tintori, che sceglie di frequentare Giurisprudenza. A febbraio però riceve anch’egli la cartolina di richiamo alle armi: entra a far parte dell’Ottavo Reggimento Artiglieria Pasubio e parte per il fronte russo nel giugno del 1942. Tornando alla famiglia Giovenzana, ad essa appartengono anche due delle figure femminili di maggior carica espressiva del romanzo: la mamma Lucia e la sorella maggiore di Stefano, Giustina. I nomi di molti personaggi del romanzo, e soprattutto le loro storie, sono veritieri. Un esempio è Stefano Giovenzana: per questo personaggio, l’autore si è ispirato a una famiglia di contadini che abitava alla Besanella, nel romanzo trasformato in Nomanella. Il figlio ha fatto veramente parte del Terzo reggimento bersaglieri ed è, come accadrà a Stefano in una delle pagine più commoventi del libro, veramente scomparso nella ritirata sul fronte russo. Anche la sorella Giustina, nella realtà Dina, è realmente esistita: la sua descrizione, come quella dei genitori Ferrante e Lucia è il più fedele possibile alla realtà. La ragazza morì realmente di tisi prima della fine della guerra, e il suo fidanzato, nel romanzo Luca Sambruna, continuò ad andare a trovare ogni domenica i genitori di lei alla cascina della Besanella/Nomanella.
Luca Sambruna è uno dei protagonisti del romanzo, la cui figura è ispirata a due persone reali del paese di Corti: un contadino, poi alpino, morto al fronte russo, e un giovane operaio, Umberto Terenghi. Ne Il cavallo rosso, Luca lavora come meccanico nella ditta dei Riva ed è fidanzato con la sorella di Stefano, Giustina. Al richiamo alle armi, egli viene arruolato nel corpo degli alpini della Tridentina, divisione Morbegno, con le nappine bianche, famosi per annoverare tra i cappellani don Carlo Gnocchi. Nell’opera di Corti non viene raccontata una Brianza totalmente contadina. Come in quella reale, infatti, in essa coesistono pacificamente le tracce del passato agricolo e le fabbriche: "[…] questo è un romanzo della vita in un mondo industrializzato", avverte l’autore; "l’antica realtà contadina, comunque, si faceva sentire ancora, soprattutto nella mentalità della gente".
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