venerdì 25 marzo 2022

La casa degli sguardi di Daniele Mencarelli

Nato a Roma il 26 aprile 1974, terzo di tre fratelli, si trasferisce a 10 anni ad Ariccia, passando da una realtà di periferia urbana degradata al mondo bucolico della campagna dei Castelli Romani. Figlio di un conducente di autobus, cresce in una casa dove gli unici libri sono le enciclopedie. Inquieto e sensibile sente presto il richiamo della scrittura che la famiglia non ostacola apertamente, ma non condivide, ritenendo, come afferma lo stesso Mencarelli, che “per una persona della mia estrazione sociale era impensabile mettersi a fare l’artista”. Ha esordito in poesia nel 1997 sulla rivista "clanDestino". Nel 2001 è uscita la sua prima raccolta, I Giorni condivisi, edita nei quaderni di clanDestino, e sempre nel 2001, pubblica Bambino Gesù, Ospedale Pediatrico, Tipografie Vaticane. Quest’opera rappresenta una svolta nella sua vita, nata in un periodo cupo e di sofferenza personale, mentre lavorava in ospedale come uomo di fatica e senza qualifiche, segna un nuovo inizio. Come lui stesso afferma: “Potevo finalmente smettere di inseguire un’immagine fittizia di me stesso, potevo smettere di identificarmi in una persona che non esisteva. Potevo rinascere». Un episodio in particolare, che ha per protagonista una suora, lo avvicina a Dio con maggiore serenità. Mencarelli riprende a studiare, nel 2006 incontra Piera, che diventa sua moglie. Nascono i figli Nicolò e Viola. Per vent’anni lavora in Rai, leggendo e rileggendo le sceneggiature delle fiction da mandare in onda. Nel 2013 pubblica La croce è una via, poesie sulla passione di Cristo. Dopo aver pubblicato 6 raccolte di liriche e un racconto sul Natale, inizia a scrivere in prosa per avvicinare un pubblico più ampio e nel 2018 ha dato alle stampe il suo primo romanzo, La casa degli sguardi, cui ha fatto seguito nel 2020 Tutto chiede salvezza e Sempre tornare nel 2021.

Trama

Daniele è un giovane poeta oppresso da un affanno sconosciuto, «una malattia invisibile all'altezza del cuore, o del cervello». Si rifiuta di obbedire automaticamente ai riti cui sembra sottostare l'umanità: trovare un lavoro, farsi una famiglia... la sua vita è attratta piuttosto dal gorgo del vuoto, e da quattro anni è in caduta "precisa come un tuffo da olimpionico". Non ha più nemmeno la forza di scrivere, e la sua esistenza sembra priva di uno scopo. È per i suoi genitori che Daniele prova a chiedere aiuto, deve riuscire a sopravvivere, lo farà attraverso il lavoro. Il 3 marzo del 1999 firma un contratto con una cooperativa legata all'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. In questa "casa" speciale, abitata dai bambini segnati dalla malattia, sono molti gli sguardi che incontra e che via via lo spingeranno a porsi una domanda scomoda: perché, se la sofferenza pare essere l'unica legge che governa il mondo, vale comunque la pena di vivere e provare a costruire qualcosa? Le risposte arriveranno, al di là di qualsiasi retorica e con deflagrante potenza, dall'esperienza quotidiana di fatica e solidarietà tra compagni di lavoro, in un luogo come il Bambino Gesù, in cui l'essenza della vita si mostra in tutta la sua brutalità e negli squarci di inattesa bellezza. Qui Daniele sentirà dentro di sé un invito sempre più imperioso a non chiudere gli occhi, e lo accoglierà come un dono.

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