mercoledì 19 settembre 2018

“Il confine dell’oblio" di Sergej Lebedev

Sergej Lebedev (Mosca 1981) è uno scrittore e giornalista russo. Dall'età di quattordici anni ha preso parte per otto stagioni a spedizioni geologiche nel nord della Russia e in Kazakhstan. Dal 2002 lavora per il giornale "Pervoye Sentyabrya" ("Il primo settembre"), mentre alcune sue poesie sono state pubblicate nel giornale "Svesda" ("Stella"). Ha scritto quattro romanzi, esordendo con "Il confine dell'oblio", che è stato tradotto in molte lingue. A esso sono seguiti "God kometi" e "Lyudi Avgusta". Lebedev è anche autore del saggio breve "Dmitriev", in cui ha raccontato il fondamentale lavoro dello storico e attivista della Carelia Yuri Dmitriev. Nel 2018 è uscito il suo nuovo romanzo, "Gus Frits".
 
Trama
Fin dalla nascita - anzi ancor prima - si instaura un legame segreto tra il giovane protagonista del romanzo e il vicino di casa, un anziano silenzioso e cieco che pian piano prende il posto dei due nonni morti in guerra. Su di lui, che il bambino chiama Nonno Due, girano voci e sospetti ma nessuno conosce il suo passato e nemmeno al bambino, che un po' lo teme, è dato di sapere qualcosa. Eppure quando la violenza politica scuote la Russia e i carri armati sono in strada per il golpe del 1991, il vecchio cieco sacrifica la propria vita per quella del bambino. Il desiderio di conoscere chi era realmente Nonno Due porta  il protagonista - prima ragazzo e poi adulto - nei vasti territori del grande Nord siberiano. Lì troverà lettere, incontrerà persone e scoprirà indizi che gli permetteranno di mettere assieme la vera identità di Nonno Due. Una verità che lo farà soffrire e riflettere. Nonno Due infatti fu per parecchio tempo il capo di un gulag, ebbe una sua famiglia, ma le avversità del destino e della vita giocarono contro di lui. A fare da sfondo all’indagine c’è il paesaggio siberiano fatto di miniere in disuso, di crepacci naturali pieni di memoria, di caserme un tempo piene di uomini. Luoghi vuoti nel presente, afflitti da un senso di opprimente desolazione sotto la quale resta il ricordo delle indicibili violenze che caratterizzarono la vita degli internati e quella dell’anziano. Nel compiere la sua ricostruzione il protagonista mette in evidenza la magnifica bellezza delle terre russe, modificate e ferite in modo irreparabile dall’uomo. Allo stesso tempo, la violenza sull’ambiente rispecchia quella che gli esseri umani hanno compiuto verso altri loro simili, con il conseguente annientamento di ogni aspirazione alla libertà del vivere, agire e pensare. Lebedev vuole mantenere vivo nel presente il ricordo delle centinaia di migliaia di uomini e donne finiti nei gulag, di un recente passato che la Russia di oggi vorrebbe invece dimenticare.
Liberamente tratto dal web
 
 
 
 

 
 

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