Sergej Lebedev
(Mosca 1981) è uno scrittore e giornalista russo. Dall'età di quattordici anni
ha preso parte per otto stagioni a spedizioni geologiche nel nord della Russia
e in Kazakhstan. Dal 2002 lavora per il giornale "Pervoye Sentyabrya"
("Il primo settembre"), mentre alcune sue poesie sono state
pubblicate nel giornale "Svesda" ("Stella"). Ha scritto
quattro romanzi, esordendo con "Il confine dell'oblio", che è stato
tradotto in molte lingue. A esso sono seguiti "God kometi" e
"Lyudi Avgusta". Lebedev è anche autore del saggio breve
"Dmitriev", in cui ha raccontato il fondamentale lavoro dello storico
e attivista della Carelia Yuri Dmitriev. Nel 2018 è uscito il suo nuovo
romanzo, "Gus Frits".
Trama
Fin
dalla nascita - anzi ancor prima - si instaura un legame segreto tra il giovane
protagonista del romanzo e il vicino di casa, un anziano silenzioso e cieco che
pian piano prende il posto dei due nonni morti in guerra. Su di lui, che il
bambino chiama Nonno Due, girano voci e sospetti ma nessuno conosce il suo
passato e nemmeno al bambino, che un po' lo teme, è dato di sapere qualcosa.
Eppure quando la violenza politica scuote la Russia e i carri armati sono in
strada per il golpe del 1991, il vecchio cieco sacrifica la propria vita per quella
del bambino. Il desiderio di conoscere chi era realmente Nonno Due porta il protagonista - prima ragazzo e poi adulto -
nei vasti territori del grande Nord siberiano. Lì troverà lettere, incontrerà
persone e scoprirà indizi che gli permetteranno di mettere assieme la vera
identità di Nonno Due. Una verità che lo farà soffrire e riflettere. Nonno Due infatti
fu per parecchio tempo il capo di un gulag, ebbe una sua famiglia, ma le
avversità del destino e della vita giocarono contro di lui. A fare da sfondo
all’indagine c’è il paesaggio siberiano fatto di miniere in disuso, di crepacci
naturali pieni di memoria, di caserme un tempo piene di uomini. Luoghi vuoti
nel presente, afflitti da un senso di opprimente desolazione sotto la quale resta
il ricordo delle indicibili violenze che caratterizzarono la vita degli
internati e quella dell’anziano. Nel compiere la sua ricostruzione il
protagonista mette in evidenza la magnifica bellezza delle terre russe, modificate
e ferite in modo irreparabile dall’uomo. Allo stesso tempo, la violenza
sull’ambiente rispecchia quella che gli esseri umani hanno compiuto verso altri
loro simili, con il conseguente annientamento di ogni aspirazione alla libertà
del vivere, agire e pensare. Lebedev vuole mantenere vivo nel presente il ricordo
delle centinaia di migliaia di uomini e donne finiti nei gulag, di un recente
passato che la Russia di oggi vorrebbe invece dimenticare.
Liberamente tratto dal web
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